Le origini di Roma secondo il mito
Una leggenda racconta che due fratelli gemelli, "Romolo e Remo", avessero fondato la città di Roma.
I due gemelli erano figli di Rea Silvia, una vestale struprata in un bosco sacro dal Dio Marte; successivamente abbandonati in una cesta, sulle rive del fiume Tevere; quando una "lupa" (allegoria di una prostituta, "lupanare" in latino era il luogo dove si svolgeva la prostituzione),
scesa dai monti per abbeverarsi, attratta dai vagiti (pianti) dei due neonati li aveva raccolti e allattati entrambi (la lupa, diventa subito in Roma simbolo della "città eterna").
scesa dai monti per abbeverarsi, attratta dai vagiti (pianti) dei due neonati li aveva raccolti e allattati entrambi (la lupa, diventa subito in Roma simbolo della "città eterna").
Crescendo, Romolo e Remo, furono poi nutriti e allevati da un pastore di nome "Faustolo", il quale, crebbe in forza e in salute i due gemelli.
Divenuti adulti e vigorosamente molto forti, i gemelli decisero di fondare una città, affidandosi alla volontà degli Déi, grazie all'interpretazione del volo dei sacerdoti chiamati "Aurispices".
Così guardarono il cielo e Romolo, colui che aveva visto più uccelli (avvoltoi) volare intorno a un preciso pezzo di terreno, sfidò il fratello Remo (i cui figli fondarono la città di Siena), il quale, non accettando di aver perso la competizione, venne ucciso dal fratello, diventando in questo modo, Romolo il primo Re di Roma.
Le origini di Roma secondo la storia
Uscendo dal mito, gli storici ci dicono che nel VIII secolo a.c., esattamente nel 753 a.c., a Roma vi fosse stata impiantata la prima pietra; laddove abitavano molte comunità, gruppi cioè di latini che avevano costruito i loro villaggi sui sette colli:
Tutti e sette, vicini alla foce del fiume Tevere, si fusero l'uno con l'altro, dando origine alla città di Roma.
Si cominciò così a parlare di Italia già nel VI secolo a.c., dal nome di Italo, Re leggendario degli Itali, un popolo abitante la punta della Calabria, famoso per la sua forza e la sua saggezza.
Alla fine del IV secolo a.c. con il nome Italia si indicava solo la parte meridionale della nostra Penisola: i Romani infatti chiamavano se stessi "Romani" mentre definivano "Italioti" tutti gli altri popoli a sud del Lazio.
Nel III secolo a.c., man mano che le legioni romane avanzavano verso nord, il termine Italia si estenderà a tutta la nostra Penisola fino alle Alpi.
Nel 753 a.c., dunque questi sette villaggi fondarono un unico nucleo, quello della "città eterna", di Roma "Caput Mundi", nome con cui passerà alla storia, diventando in poco tempo la città più potente del mondo.
Con il tempo, i Romani, dominarono e sottomisero:
- Tutti i popoli "extra-Lazio"
- Tutta l'Italia
- Padroni del commercio nel Mar Mediterraneo
- Conquistarono la Grecia
- Sottomisero tutta l'Europa
Nel
momento della sua massima espansione, l'impero Romano, a nord, aveva
conquistato tutta l'Inghilterra; ad ovest la Spagna, le Gallie e il
Portogallo; ad est quasi tutta la Germania, l'Ungheria e la Romania;
a sud-est tutta la Mesopotania, la Palestina e la Fenicia. A sud
tutta l'Africa Settentrionale.
Il Senato Romano
Una
volta fondata la città, quando si dovevano prendere decisioni molto
importanti, comandava il "Rex" (oltre ad essere il capo indiscusso
dell'esercito, era anche capo dei sacerdoti e di tutti gli Déi dell'Olimpo) egli veniva aiutato dal senato (senatus), la più
autorevole assemblea dello Stato Romano, composta da anziani i cui
membri erano chiamati "Patres" cioè Patrizi.
Il
termine Senato deriva dal latino “senex” (vecchio), perché i
membri del Senato erano inizialmente solo i più anziani del popolo
Romano, uomini cioè di una certa esperienza, saggezza e ricchezza.
Quando
il Rex moriva, il potere tornava in mano al Senato, il quale nominava
un candidato che potesse succedere al Re defunto. Il Senato dava il
nominativo al futuro Re, che poi veniva sottoposto alla elezione
formale davanti al popolo di Roma che, con grida e applausi gli dava
l'incarico definitivo, mentre il Senato metteva ufficialmente per
iscritto l'elezione, in questo modo il Re veniva ufficialmente
nominato dal popolo; di fatto, veniva eletto dietro indicazione del
Senato.
La
leggenda racconta che fu proprio Romolo a decidere che il Senato
fosse inizialmente composto da 100 Patrizi; poi raddoppiato da
Tarquinio Prisco, in seguito arrivò a 300 sotto Lucio Bruto. Il
senato raggiunge i 600 membri sotto Silla; sotto Giulio Cesare arriva
a 900 persone; fu in seguito sotto Augusto riportato a 600.
Se il
simbolo dell'Egitto sono le piramidi; se la Grecia aveva l'Acropoli, il
simbolo del potere di Roma era il Colosseo (detto anche Anfiteatro
Flavio, dal nome dell'imperatore Flavio Vespasiano, che ne volle la
costruzione).
Il Colosseo a Roma fu costruito tutto con enormi blocchi di marmo bianco e di travertino (roccia calcarea molto rara e pregiata).
In tutto ci vollero 3,5 milioni di metri cubi di pietra trasportata a Roma in blocchi dalle cave che vi erano lì vicino, chiamate "fornaci", dove più di 10.000 schiavi, portati a Roma dalle conquiste fatte in Giudea, lavoravano ininterrottamente dall'alba al tramonto per la costruzione di quel colosso voluto dall'imperatore in persona, Flavio Vespasiano, sebbene 70enne e da suo figlio Tito.
I lavori veri e propri iniziarono nella valle tra i colli del Palatino, Esquilino e Celio, dopo aver prosciugato un piccolo lago che l'Imperatore Nerone aveva fatto costruire per la sua Domus Aurea.
I soldi furono ricavati grazie ai forzieri pieni di gioielli, oro e pietre preziose che Roma aveva ottenuto saccheggiando e deprecando i templi di Gerusalemme, 7 anni prima l'inizio delle operazioni di edificazione.
Il Colosseo a Roma fu costruito tutto con enormi blocchi di marmo bianco e di travertino (roccia calcarea molto rara e pregiata).
In tutto ci vollero 3,5 milioni di metri cubi di pietra trasportata a Roma in blocchi dalle cave che vi erano lì vicino, chiamate "fornaci", dove più di 10.000 schiavi, portati a Roma dalle conquiste fatte in Giudea, lavoravano ininterrottamente dall'alba al tramonto per la costruzione di quel colosso voluto dall'imperatore in persona, Flavio Vespasiano, sebbene 70enne e da suo figlio Tito.
I lavori veri e propri iniziarono nella valle tra i colli del Palatino, Esquilino e Celio, dopo aver prosciugato un piccolo lago che l'Imperatore Nerone aveva fatto costruire per la sua Domus Aurea.
I soldi furono ricavati grazie ai forzieri pieni di gioielli, oro e pietre preziose che Roma aveva ottenuto saccheggiando e deprecando i templi di Gerusalemme, 7 anni prima l'inizio delle operazioni di edificazione.
L'edificio suddiviso in quattro livelli, con un'altezza di 50 metri e un'estenzione a forma d'ellisse di circa 19000 m^2 e riuscì a contenere fino a 70000 spettatori.
Primo Piano: sullo spalto del primo piano alto 11 metri, circondato da semi-colonne in stile Dorico, vi erano i posti migliori riservati ai consoli e ai magistrati, sulle cui gradinate, vi erano poltrone e cuscini imbottiti e venivano incisi a caratteri cubitali i loro nomi; al centro vi era il podio dell'Imperatore e dei suoi ospiti; sopra il podio, vi erano i cavalieri che assistevano seduti su un semplice cuscino; accanto a questi ultimi vi erano le vestali dei templi sacri (sacerdotesse vergini, molto giovani, consacrate alla Dea Vesta, cui veniva attribuita la custodia del "Culto del Fuoco", perennemente acceso in Roma).
Secondo Piano: sullo spalto del secondo piano, più alto del primo di circa 2 metri, formato da colonne Ioniche, stavano i Patrizi.
Terzo Piano: sul terzo livello, alto 14 metri, in tessuto di colonne Corinzie, assistevano agli spettacoli la plebe romana e le donne più prestigiose.
Quarto Piano: sul quarto spalto, tutto fatto di gradinate di legno, conteneva, in particolari occasioni, anche altri spettatori provenienti da fuori Roma oltre agli schiavi.
Ultimo Piano: infine 240.000 pali di legno, manovrati da più di mille marinai, sorreggevano il "velario" (centinaia di metri quadri di tela massiccia) che proteggeva gli astanti dalla pioggia e dal Sole.
Arena: l'arena centrale dell'anfiteatro, a forma dell'ellisse, era lunga 77 metri e larga 46 metri; era formata da un tavolato di legno, ricoperto di sabbia (cioè di "rena", portata dai letti dei fiumi); per accedervi esistevano due grandi ingressi principali: ad ovest la "Porta Triumphalis"; ad est la "Porta Libitinensis" (dalla parola "Labitinia" o Dea della Morte); dalla prima entravano gli esseri umani o gli animali vivi, dalla seconda uscivano esseri umani o animali morti.
Sotteraneo: sotto l'arena del Colosseo (che poteva trasformarsi anche in una piscina per le simulazioni delle battaglie navali), al di sotto dei tredici metri di pavimento di legno, si estendevano numerosissimi corridoi, passaggi segreti, cunicoli ed ambienti destinati ad ospitare gli attrezzi e gli effetti speciali per le rappresentazioni teatrali (come avviene a Hollywood); sotto vivevano i gladiatori, assieme alle bestie feroci, venivano portati al centro della scena da più di sessanta carrelli elevatori, rampe e montacarichi adibiti allo spostamento delle gabbie stesse e delle scenografie della morte.
Gli spettacoli della morte
I malviventi e i criminali venivano così spediti in mezzo all'arena, seminudi; qua essi aspettavano la loro sorte crudele, cioè che le bestie li aggredissero e li divorassero pezzo dopo pezzo.
tra gli sfondi mitologici ellenici vi era quella di "Orfeo" e la sua lira mentre veniva attaccato e dilaniato dalle belve feroci; un'altra scenografia era quella di "Prometeo" incatenato, mentre veniva sbranato dagli orsi; oppure si rievocava il mito di "Muzio Scevola" (era un aristocratico Romano, il quale di sua scelta mise la propria mano sui carboni ardenti per non essere riuscito ad uccidere un suo rivale), mentre un condannato veniva obbligato a farsi carbonizzare completamente un braccio sul braciere.
Ma i romani andavano matti per le "Danze Piriche" attesissime dai Romani: i prigionieri venivano spalmati con degli oli o unguenti speciali a cui poi si dava fuoco; il divertimento stava nel vederli mentre essi si dimenavano come torce umane, in una sorta di danza macabra, fino a cadere morti carbonizzati.
Ma erano le bestie a cacciare gli uomini; agli animali selvaggi, infatti, appena arrivati a Roma, stanchi ed affamati, dopo settimane e settimane di viaggio, si dava subito loro della carne umana, affinchè si adattassero a gustare il sapore dell'uomo, quando i delinquenti o i condannati a morte dal senato venivano gettati "Ad Bestias" (alle bestie).
Nonostante la morte di Vespasiano, avvenuta nel 71 d.c. (anno dell'eruzione del Vesuvio), nell'estate del 80 d.c., divenuto Tito Imperatore di Roma, egli inaugurò il Colosseo, ormai pronto e di tutto marmo bianchissimo, perfettamente incastonato di colonne
Doriche, Ioniche, Corinzie, statue, stucchi ed affreschi ovunque, ed aprì le porte dell'anfiteatro a tutti i Romani, iniziando così per tre mesi consecutivi, festeggiamenti e spettacoli gratuiti, che iniziavano la mattina e si concludevano la sera.
Doriche, Ioniche, Corinzie, statue, stucchi ed affreschi ovunque, ed aprì le porte dell'anfiteatro a tutti i Romani, iniziando così per tre mesi consecutivi, festeggiamenti e spettacoli gratuiti, che iniziavano la mattina e si concludevano la sera.
In quei novanta giorni di giochi, tra un susseguirsi incessante di giocolieri, funamboli, trapezieri, venditori di bevande e cuscini, persero la vità più di duemila gladiatori e novemila specie di animali, tra elefanti (150 erano stati portati da Cartagine in un giorno per essere usati ed ammazzati come tiro a segno); gli struzzi, leoni d'Etiopia, leopardi, tigri dall'India, orsi, gnu, antilopi, ippopotami; centinaia e centinaia di animali venivano catturati e portati nel Colosseo ed uccisi durante la caccia alle belve feroci, che allora si chiamava la "Venationes".
Nel Colosseo, dunque, si svolgevano anche combattimenti tra uomini detti "Gladiatores" o schiavi, talvolta prigionieri di guerra che lottavano per aver salva la vita e per la libertà.
Introdotti in Roma per la prima volta nel 260 a.c., i combattimenti dei gladiatori (su cui era organizzato un vero e proprio giro di scommesse), consisteva nel ferire e poi uccidere l'avversario, tra l'eccitamento del pubblico che agitava dei fazzolettini bianchi urlando: "Iugula, Iugula!" ("Scannalo!"), se invece gli spettatori chiedevano che il perdente fosse risparmiato gridavano: "Missus, Missus!" ("Grazialo!"),
l'Imperatore aveva però l'ultima parola e faceva il segno distintivo, se il suo pollice saliva in alto il gladiatore sarebbe stato liberato; se il pollice fosse stato capovolto all'ingiù, sotto il plauso di tutti, il gladiatore veniva ucciso.
l'Imperatore aveva però l'ultima parola e faceva il segno distintivo, se il suo pollice saliva in alto il gladiatore sarebbe stato liberato; se il pollice fosse stato capovolto all'ingiù, sotto il plauso di tutti, il gladiatore veniva ucciso.
Video lezione nascita Roma (leggenda):
Video lezione nascita di roma (storia):
Video lezione Colosseo:
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