Legge di Lewis
Tali elettroni possono essere rappresentati secondo un metodo introdotto dal chimico statunitense G.N. Lewis. Secondo tale metodo, gli otto elettroni del livello più esterno di un atomo, sono rappresentati come punti o come coppie di punti disegnati ai quattro lati del simbolo chimico dell'elemento.
Le strutture di Lewis per gli elementi appartenenti al secondo e al terzo periodo si possono scrivere pertanto nel seguente modo:
Utilizzando la struttura a puntini di Lewis (solo per quegli elementi
appartenenti agli VIII principali gruppi della tavola periodica, cioè
agli elementi del blocco s e del blocco p),
possiamo notare che il numero di "puntini" da collocare nella
notazione di Lewis corrisponde esattamente al gruppo di appartenenza
dell'elemento chimico nella tavola periodica (scritto in numeri romani,
da I a VIII) con la sola eccezione dell'elio He che in realtà ha solo
due elettroni di valenza.
Per l'atomo di elio che possiede solo due elettroni, la struttura a puntini di Lewis è la seguente:
:He
Come è possibile notare, gli elementi appartenenti al medesimo gruppo presentano la stessa configurazione elettronica superficiale e quindi la stessa struttura di Lewis.
Si tenga inoltre presente che, prendendo come esempio la struttura
di Lewis per l'atomo di ossigeno, le seguenti tre strutture sono
identiche:
Legge di Coulomb
Per formare una molecola, due o più atomi devono avvicinarsi e vincere
la forza di repulsione reciproca tra i rispettivi nuclei (carichi
positivamente) ed elettroni (carichi negativamente). L'intensità delle
forze elettrostatiche di attrazione e di repulsione dipende, oltre che
dal valore delle cariche elettriche, anche dalla loro distanza
reciproca, secondo la legge di Coulomb, per cui l'intensità della forza di attrazione o repulsione (F) tra due cariche elettriche q1 e q2 è direttamente proporzionale al loro prodotto e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza (r):
Se
consideriamo due atomi di una data molecola, essi si troveranno a una
distanza tale che le forze di attrazione e le forze di repulsione
saranno tra loro in equilibrio. Questa distanza si chiama distanza di legame
e, in pratica, si identifica con la distanza tra i nuclei degli atomi
considerati; il suo valore varia a seconda della loro natura e in
funzione del numero e del tipo dei legami.
Elettronegatività
L'elettronegatività X (si legga "chi") è una
grandezza che caratterizza il potere di attrazione di un atomo nei
confronti degli elettroni del legame con un altro atomo; essa dipende
sia dall'energia di ionizzazione che è relativa alla forza di attrazione esercitata da un nucleo verso i propri elettroni, sia dall'affinità elettronica che indica con quanta forza elettroni estranei possano essere attirati.
Per indicare il potere di attrazione di un elemento nei confronti dell'elettrone, si dovrà tener conto di entrambe le grandezze appena considerate e farne un bilancio; l'elettronegatività quindi deriva dalla combinazione dell'energia di ionizzazione e dell'affinità elettronica e indica il potere di attrazione di un atomo nei confronti degli elettroni del legame con un altro atomo.
Tra i vari criteri utilizzati per calcolarla, il più diffuso è quello proposto dal chimico statunitense L. Pauling, che ha definito una scala arbitraria assegnando il valore minimo (0,7) al francio e massimo (4) al fluoro. Con questo metodo non è calcolabile l'elettronegatività dei gas nobili, per i quali si assume il valore 0.
Poiché entrambe le proprietà (energia di ionizzazione ed affinità elettronica) che determinano il valore dell'elettronegatività variano nello stesso modo, l'elettronegatività aumenta dal basso verso l'alto nei gruppi e da sinistra a destra in un periodo. Per questo motivo gli elementi più elettronegativi si trovano a destra in alto e quelli meno elettronegativi in basso a sinistra.
I valori dell'elettronegatività sono tabulati nella tavola periodica degli elementi:
Per indicare il potere di attrazione di un elemento nei confronti dell'elettrone, si dovrà tener conto di entrambe le grandezze appena considerate e farne un bilancio; l'elettronegatività quindi deriva dalla combinazione dell'energia di ionizzazione e dell'affinità elettronica e indica il potere di attrazione di un atomo nei confronti degli elettroni del legame con un altro atomo.
Tra i vari criteri utilizzati per calcolarla, il più diffuso è quello proposto dal chimico statunitense L. Pauling, che ha definito una scala arbitraria assegnando il valore minimo (0,7) al francio e massimo (4) al fluoro. Con questo metodo non è calcolabile l'elettronegatività dei gas nobili, per i quali si assume il valore 0.
Poiché entrambe le proprietà (energia di ionizzazione ed affinità elettronica) che determinano il valore dell'elettronegatività variano nello stesso modo, l'elettronegatività aumenta dal basso verso l'alto nei gruppi e da sinistra a destra in un periodo. Per questo motivo gli elementi più elettronegativi si trovano a destra in alto e quelli meno elettronegativi in basso a sinistra.
I valori dell'elettronegatività sono tabulati nella tavola periodica degli elementi:
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