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4 mar 2014

Alessandro Magno

Alessandro Magno

Alessandro Magno, conosciuto anche come Alessandro il Grande, il conquistatore o Alessandro il Macedone, nacque a Pella, in Macedonia nel 365 a.c. e morì forse avvelenato in Babilonia, detta anche Babele.
Babilonia è in Iraq a sud di Baghdad, nel 322 a.c., in soli dodici anni, Alessandro, conquistò l'intero impero Persiano che partiva dall'Asia Minore, includeva l'Egitto fino agli attuali Pakistan, Afghanistan e India Settentrionale, fino ai confini della Cana.
Alessandro era un atleta instancabile, già a nove anni era riuscito a dominare "Rucefalo" (Cavallo), regalatogli dal padre, Filippo II di Macedonia, che si diceva discendesse da Ercole, figlio di Zeus, mentre la madre di Alessandro, la principessa Olimpia, si diceva discendesse da Achille.
All'età di tredici anni, Alessandro Magno, viene educato dal grande filosofo Greco Aristotele, il quale gli aveva insegnato le arti mediche, l'arte dell'eloquenza (saper parlare) e la lingua Greca Antica, preparandogli appositamente un edizione dell'Illiade di Omero.
Nel 336 a.c., Filippo II viene pugnalato all'improvviso da Pausania, una sua guardia del corpo, mentre si trovava a teatro; Alessandro a soli venti anni divenne in quel modo l'erede di un impero (Macedone) lasciatogli dal padre: uno stato forte militarmente e nello stesso tempo raffinato culturalmente; adesso Alessandro voleva affrontare il Re dei Re, Dario III, esattamente come aveva sognato di fare il padre Filippo II, prima di morire, per vendicarsi di tutti quei decenni di angherie subite, poichè dalla Persia, Dario III, come i suoi predecessori continuava ad infastidire le Poleis Greche, dalla notte dei tempi.
Alessandro che aveva un grande ascendente sui suoi soldati, decise di portare avanti un simile progetto, anche grazie all'esercito formidabile che aveva; dotato di cavalleria pesante, arcieri esperti nell'uso di lance micidiali lunghe tre metri; oltre ad una cavalleria leggera ed una fanteria strutturata in falangi e dotata della famosa "Sarissa", una lancia lunga sei metri, pronta ad infilzare il nemico con la precisione di un tiro-a-segno.
Ecco che nel Maggio del 334 a.c. sul fiume "Granìco" (Troia) si combattè la Battaglia di Granìco", che aprì le porte dell'impero Persiano ad Alessandro Magno, partendo dall'Anatolia (Turchia); qua 5.000 cavalieri e 30.000 fanti Greci insieme agli "Ipaspisti" (guardie scelte, dell'esercito Macedone, erano truppe versatili, efficaci sia in difesa che nel distruggere reparti di fanteria pesante nemica; grazie alla loro scioltezza nel muoversi, essi venivano utilizzati in operazioni speciali, durante le incursioni notturne o nelle scalate delle mura nemiche), i quali combatterono contro 15.000 cavalieri, 30.000 fanti ed 8.000 mercenari Persiani; le perdite dei Macedoni furono di 400 uomini; i Persiani invece ebbero 3.000 cadaveri: 1.000 ritirati e 2.000 fanti catturati. I 2.000 fanti catturati vennero mandati ai lavori forzati nelle miniere del "Pangeo". 
Il conquistatore diede grandi onori ai caduti, esentò dalle tasse i genitori ed i figli dei defunti che gli erano stati più fedeli, poi inviò trecento armature delle spoglie nemiche ad Atene con un messaggio in cui si leggeva "Alessandro, figlio di Filippo ed i suoi soldati Greci, dedicano queste spoglie alla loro Patria, tolte ai barbari che vivono in Asia"; le armature furono un riferimento ai trecento guerrieri spartani che nel 480 a.c. morirono con Re Leonida al "Passo delle Termopili".
Durante i dieci mesi successivi caddero sotto l'esercito Macedone: Mileto e poi Alcarnauso.
Intanto il Re di Persia, Dario III, il padrone del più vasto impero della Terra, nella città di Babilonia, stava radunando 60.000 fanti, 30.000 cavalieri e 30.000 mercenari per lo scontro tra Persiani e Macedoni che avvenne nel 300 a.c. nel "Golfo Isso" vicino al fiume Panaro, sui monti Alamano.
Lo scontro iniziò dal primo novembre 333 a.c. al pomeriggio, Alessandro guidò direttamente la carica con la cavalleria leggera sulla sua destra: superò gli schieramenti posti dalle truppe, mentre la falange, meno veloce nei movimenti cedeva lentamente al nemico che l'attaccava da ogni parte.
Alessandro era un grandioso stratega: aveva una capacità particolare di schierare e organizzare l'esercito in modo tale da colpire il nemico esattamente nel luogo e nel tempo da lui desiderati; sapeva individuare i punti deboli degli avversari che attaccava aprendo un varco.
Durante la battaglia sul fiume "Pinaro", Alessandro lanciò la sua lancia: si dice che mancò di poco Dario III sul suo carro circondato da tremila uomini.
Dario III, spaventato, si dette alla fuga salendo sul suo cavallo, mentre il fratello Assatre rimase a combattere fino alla morte. La battaglia si concluse con la disfatta dei Persiani, che morirono in più di centomila.
Il Re Persiano aveva perso in campo le sue truppe migliori, assieme a quasi tutti i più validi ufficiali , ma sopratutto aveva perso il proprio prestigio di condottiero tra i nobili Persiani, fuggendo davanti al nemico.
Tra i Macedoni si contarono centocinquanta morti oltre ad un immenso bottino tra monete d'oro, monili, pietre preziose, gioielli.
Vennerò assieme ai gioielli catturati i familiari, tra cui sua madre, sua moglie Satìra I e le sue due figlie bellissime, Satìra II e Dripetide.
Nei successivi mesi dalla battaglia di "Isso", Alessandro il Conquistatore penetrò in Siria, in Palestina e in Egitto che stavano entrando sotto l'egemonia dei Greci, eccetto la città di "Tiro" che resistette per molte settimane all'assedio Macedone. 
Essendo stata costruita su un'isola, era protetta da altissime mura ed era creduta dai suoi cittadini una città inespugnabile.
Ma cadde anche Tiro; solo allora Dario III cercò di negoziare con l'Impero Macedone, offrendogli in dono moltissimi dei suoi territori.
Ma quest'ultimo rifiutò l'offerta e nel Luglio del 331 a.c., il Macedone con quarantamila fanti, settemila cavalieri, proseguì la sua marcia verso est, dove Dario III lo stava aspettando a "Gaugamela" (in Iraq),
con elefanti armati (erano maschi, più veloci delle elefantesse, con una pelle molto più spessa  da scalfire), trentacinquemila cavalieri, duecentomila fanti, dotati di archi, giavellotti, scimitarre; in attesa di sfoderare i duecento "carri da guerra" (veniva chiamato anche "carro falcato", un antico carro, a due o quattro ruote; era munito di lame taglienti sulla testa e sul timone, sui rozzi delle ruote (centro) e sulle sponde.
Venivano lanciati al galoppo da cavalli bardati e facevano strage di qualunque cosa si trovassero davanti).
La "Battaglia di Gaugamela" si svolse il primo ottobre del 331 a.c. in una piana, ed Alessandro, dopo aver puntato di nuovo contro Dario III, quest'ultimo, per l'ennesima volta, abbandonò il campo di battaglia.

Sul campo si contarono più di cinquantamila cadaveri in poche ore; assieme a quella battaglia stava crollando lo stesso Impero Persiano.
Questa volta Alessandro inseguì il suo nemico per più di 100 Km a sud di "Gaugamela"; e nel dicembre del 330 a.c., entrò in Babilonia, si impossessò dei magazzini della città e di tutti i preziosi, facendo decine di migliaia di prigionieri.
Nella primavera del 328 a.c., raggiunse la Persia e le tre città imperiali principali cadderò ai suoi piedi: la città di Susa (dove rilasciò i familiari di Dario III), l'altra città di Persepoli e Pasargade.
Durante quell'inseguimento, Alessandro con le sue truppe leggere, a marcie forzate, viaggiò ininterrottamente per più di dieci giorni, e proprio mentre Dario III si stava dirigendo in Afghanistan, vicino a "Teheran", il sovrano Persiano venne assassinato da Besso, un capo tribù Persiano che gettò il corpo sul ciglio di una strada.
L'ultima grande campagna di Alessandro, fu l'inizio della conquista dell'India, attraversando la ricca "Valle dell'Indo", una terra produttiva e più lucrosa dell'Impero Persiano.
Nel maggio del 326 a.c., il Re Indiano Poro con duecento elefanti da guerra, tremila cavalieri e cinquantamila fanti sul fiume "Idaspe", bloccò Alessandro Magno (Pakistan).

Alessandro sarebbe voluto arrivare fino al fiume "Gange"; ma l'esercito Macedone, esausto, sfinito, ormai indebolito da tutti gli anni di guerre (era rimasto solo il 15% dell'esercito), anche per via dei pericolosi monsoni, per via delle pioggie torrenziali, della malaria e degli elefanti che infestavano la giungla, non volle spingersi oltre l'Impero Persiano ormai conquistato. Per la prima volta nell'estate del 326 a.c., dopo anni di fedeltà al suo condottiero, sulla riva del fiume "Ifasi", l'armata Greca si ammutino (ribellò).
I soldati volevano ritornare in Patria per godere dei benefici e della gloria che la guerra aveva procurato ovunque a loro.
Per tre giorni e tre notti, Alessandro, rimase da solo, nella sua tenda, arrabbiato e in preda al rancore e nell'agosto del 325 a.c., Alessandro invertì la sua direzione di marcia, cedendo al suo esercito.
Nel 324 a.c. arrivarono di nuovo a Susa. Lì si sposò con Statìra, la figlia di Dario III; mentre Dripétide, figlia di un altro Re Persiano andò sposa al suo amico Efestione.
A Babilonia, nel 323 a.c., mentre si stava preparando per una spedizione nel "Golfo d'Arabia", dove attaccare i Cartageni; dopo una festa, durante la notte Alessandro venne assalito da una febbre malarica violenta, che lo portò alla morte, il 10 giugno del 323 a.c., a soli 32 anni di vita, dopo aver conquistato quasi tutto il mondo allora conosciuto.






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