Prima
il fratello maggiore Tiberio e poi, dopo la sua uccisione, il minore
Caio (tra il 130 e il 120 a.C.) proposero una riforma agraria: chi
possedeva più di una ben definita quantità di terreni poteva subire
una confisca delle eccedenze che sarebbero state ridistribuite ai
contadini senza terra.
Infatti a Roma era gradualmente scomparsa la
piccola proprietà contadina e si esteso il "Latifondo"
(grande estensione di terre coltivabili, in possesso di un solo
proprietario). Dopo lunghi anni in guerra, i contadini romani
tornavano alle loro famiglie impoverite e vendevano le loro piccole
proprietà, andando a ingrossare le fila dei proletari dell'urbe
(urbe= città=Roma)
L'esercito
infatti era costituito, per la maggioranza, da cittadini romani
agricoltori.
Si
impoverivano dunque per la lontananza dai campi, uomini ricchi e
potenti si impadronivano delle loro proprietà, lasciate magari
incoltivate.
Quindi
prima Tiberio e poi Caio, si fanno eleggere tribuni della plebe e
propongono una legge per ricostituire la piccola proprietà
contadina, limitando il latifondo.
Questa
proposta riformatrice incontra l' ostilità della classe dominante
senatoriale, ma essi,
anche se erano di origine
nobile,
si muovono in questo senso sulla base di una constatazione logica: la
crisi della piccola proprietà condizionava le sorti
dell'arruolamento nell'esercito .
In
questo modo si ridava dignità ai contadini partiti per la guerra e
divenuti poveri disoccupati, dei "proletari"
(sono coloro che hanno come unica ricchezza i propri figli, e vivono
vendendo la propria forza lavoro).
Anche
un'altra legge venne proposta ossia l'annona,
grano e frumento a prezzo molto basso, per i cittadini Romani.
Caio
Gracco propone anche l'estensione della cittadinanza romana agli
alleati italici, ma questo provoca l'egoistica reazione della plebe
romana che non vuole dividere i propri privilegi con altri,
dimostrando così di mancare di ogni coscienza politica.
Dopo
i Gracchi, i Romani videro emergere due partiti: gli Ottimati (ceto
senatoriale, con elementi dei nuovi ricchi) e Popolari (plebei,
homini novi, cioè ascesi alle cariche per i loro meriti e non per il
nome di cui potevano vantarsi ).
I
Popolari nel 107 a.C. scelsero come guida un generale di origine
plebea, di nome "Gaio Mario", che aveva vinto un Re ostile
in Africa e poi aveva battuto due tribù germaniche che minacciavano
i confini romani.
Egli,
molto stimato dai suoi soldati, fece una riforma dell'esercito:
L'esercito
sarebbe stato formato anche da nullatenenti volontari,
non solo romani, ma anche
italici persino provinciali: poteva arruolarsi anche chi non
possedeva
terra.
I
legionari non dovevano più pagarsi l'equipaggiamento, anzi
avrebbero ricevuto una paga
giornaliera e
premi in
caso di vittoria.
Chi
fosse divenuto veterano cioè
chi
avesse compiuto sedici anni di servizio militare,
avrebbe ricevuto come liquidazione un appezzamento
di terra diventando
così un piccolo proprietario contadino.
I
Plebei a questo punto si legarono più ai loro comandanti: generali
con ambizioni politiche, dotati di un appoggio militare, divenivano
arbitri del destino di Roma.
Dopo la morte di Mario, fu un altro
generale legato al Senato, Silla, a imporre la propria volontà.
Egli, conservatore, impose i suoi obiettivi restauratori
dell'autorità senatoriale. Si proclamò dittatore e avallò liste di
proscrizione: i suoi nemici, vicini al partito popolare, furono
oggetto di persecuzione: chi si trovava in quelle liste (una specie
di "caccia all'uomo") potevano essere uccisi e i loro beni
confiscati.
E' vero che Silla a un certo punto lasciò il potere
volontariamente e si ritirò a vita privata, ma lasciando una scia di
"ferite" nella vita civile: molti covavano desiderio di
vendetta, e , comunque, era aperta la strada a nuovi colpi di mano.
Si apriva il periodo delle sanguinose guerre civili.